venerdì 19 ottobre 2012

UNO SGUARDO ALLA SALUTE MENTALE

di Giuseppe Stefano Biuso (Psicologo Clinico)

Mente e Cervello

La mente è una delle espressioni principali dell'attività del sistema nervoso centrale.
Con il termine "mente" si indica l'insieme dinamico dei processi deputati all'elaborazione delle informazioni (Del Miglio, 1997). La mente processa gli stimoli provenienti dalla realtà esterna (percezione esterocettiva), dal proprio corpo (percezione enterocettiva) e dalle percezione del proprio corpo nello spazio (percezione propriocettiva).
Le informazioni vengono processate attraverso l'attività di funzioni psichiche interagenti ed interdipendenti che elaborano gli stimoli percepiti secondo peculiari modalità. La percezione, l'attenzione, la memoria, l'intelligenza, il pensiero, la coscienza, l'affettività, l'istintualità e la volontà (Sarteschi, 1982) concorrono a organizzare queste informazioni in un sistema coerente che permette all'individuo di fare esperienza del mondo e di se stesso in rapporto al mondo e di regolare il proprio stato fisiologico, emotivo e comportamentale al fine di perseguire l'adattamento quanto più ottimale possibile al proprio ambiente di vita (Ammaniti, 2010).

Tra autoregolazione ed eteroregolazione

La biologia evoluzionistica sottolinea, infatti, come lo scopo ultimo di ogni organismo vivente sia quello di sopravvivere nel migliore dei modi possibile e di riprodursi.
Gli studi in ambito biologico di Von Bertanlaffy (1952, 1968) sono giunti a concettualizzare la Vita come un insieme costituito da sistemi viventi di complessità crescente in continua interazione tra loro. Ognuno di questi sistemi, dalla cellula alla biosfera, è caratterizzato sia da modalità di funzionamento peculiari del proprio livello di complessità, sia da principi primari che caratterizzano ogni livello di funzionamento.
Questi ultimi, fondanti la cellula, come l'organismo e la società, sono stati denominati principio di "Organizzazione" e di "Attività primaria".
Per il principio di "Organizzazione" ogni sistema vivente, e quindi ogni essere umano, tende alla coerenza, ossia all'integrazione funzionale fra le sue parti, e questa tendenza integrativa è endogena, ossia rappresenta l'"attività primaria" per la quale ogni sistema vivente è in grado di autoregolarsi, autocorregersi e autogenerarsi.
Tali processi autoregolativi necessitano tuttavia di uno scambio continuo con il mondo esterno, ossia con i diversi livelli di complessità del sistema Vita. Questo dinamica eteroregolativa si esplica mediante quello che Weiss (1947, 1970) ha definito "principio delle specificità", ossia mediante una "sorta di risonanza tra due sistemi sintonizzati reciprocamente su proprietà corrispondenti" (Sander, 2007).

Tra geni e ambiente

La ricerca psicologica sull'infanzia, in linea con le conclusioni a cui è giunta la scienza biologica, ha evidenziato come gli esseri umani siano in grado, fin dalla nascita, di creare una coerenza ed un'organizzazione dell'esperienza percettivo-affettiva, di autoregolarsi, di padroneggiare gli eventi (Emde, 1981a) e di sintonizzarsi con il mondo (Stern, 1985). Il cervello umano, dunque, predispone l'individuo ad adattarsi all'ambiente.
Tale predisposizione è ovviamente una possibilità inscritta nel patrimonio genetico umano e presenta una grande variabilità da individuo a individuo. La maggiore o minore reattività agli stimoli esterni, la capacità di filtrarli, le capacità cognitive di base, la propensione all'introversione o all'estroversione, eccetera, costituiscono aspetti temperamentali di base esprimenti un patrimonio genetico individuale predisponente a determinate modalità affettivo-cognitive e comportamentali (Gabbard, 2007; Dazzi et al., 2009).
Tuttavia, non sono semplicemente i geni a forgiare il cervello, la mente e, quindi, il comportamento umano. Il “fenotipo” dipende, infatti, dalla modulazione operata da parte degli stimoli, ambientali e interni, sull'espressione delle caratteristiche codificate dai geni. I geni non sono entità monolitiche, bensì composte da parti funzionalmente eterogenee. L'informazione trasmessa è codificata all'interno della sequenza nucleotidica, che identifica il cosiddetto “gene strutturale”, composta dalle basi azotate (ademina, timina, citosina e guanina). L'allele o promotore del gene determina la minore (forma corta dell'allele) o maggiore (forma lunga) espressione della caratteristica codificata dal gene.
Il gene strutturale e l'allele si trasmettono per via ereditaria e non sono passibili di modificazioni ambientali. Solo le mutazioni genetiche possono causarne una modificazione.
Altre parti del gene, invece, sono molto sensibili all'influenza dell'ambiente. L'”enhancer”, in particolare, costituisce la porzione che primariamente regola l'espressione genica, determinando “se e quanto” la proteina (e quindi il carattere) codificato da un determinato gene viene espressa.
Le informazioni originanti dalle sensazioni vengono elaborate dal Sistema Nervoso mediante complessi meccanismi di trasmissione implicanti impulsi elettrici e trasformazioni biochimiche. Le connessioni che permettono la comunicazione e lo scambio di sostanze biochimiche e di energia fra i neuroni (sinapsi) si modificano funzionalmente e strutturalmente elicitando una gamma di eventi all'interno della cellula nervosa. La fosforilazione (attivazione) di determinati enzimi presenti all'interno dei neuroni, i “regolatori trascrizionali”, darà l'avvio ad una serie di fenomeni, a livello molecolare, responsabili della modulazione dell'espressione genica. Legandosi all'enhancer, il regolatore trascrizionale coinvolto attiverà l'RNA polimerasi che, legandosi a sua volta al promotore, comporterà la trascrizione della sequenza nucleotidica in RNA messaggero che, conseguentemente, produrrà la catena di amminoacidi costituente la proteina espressione della caratteristica codificata dallo specifico gene. In questo modo si formano le memorie. In questo modo l'esperienza lascia traccia e modifica la biologia cerebrale.
Lo scambio di materia (cibo, farmaci, ect..) e di informazioni (conoscenze, esperienze, relazioni, ect.) tra l'ambiente e l'individuo porta ad una continua ristrutturazione della neurobiologia individuale (Mundo, 2009).
Per esempio, la schizofrenia, il più grave fra i disturbi psichici, è la patologia che più presenta una componente genetica. Tuttavia, la genetica spiega solo il 46% del disturbo. Infatti, gli studi sui gemelli omozigoti, che condividono il 100% del patrimonio genetico, hanno riscontrato l'insorgenza di un disturbo schizofrenico in entrambi i membri della coppia gemellare in percentuali che non superavano mai il 50% (ibidem).
Nella genesi della schizofrenia, una predisposizione ad una maggior reattività agli stimoli esterni e ad una minore capacità di filtrare gli stimoli sensoriali interagirebbe con vari fattori ambientali (infettivi, organici, relazionali, stress e traumi psichici) (Gabbard, 2007). La componente genetica è via via meno significativa man mano che si scende di gravità. L'aspetto relazionale, il modo in cui l'individuo si è adattato ai vari eventi della sua vita, interiorizzando e ristrutturando attivamente le varie esperienze interpersonali che ha vissuto, in base alle proprie vulnerabilità e alle proprie risorse, è nelle configurazioni psicopatologiche il fattore eziopatogenetico principale. E' il “copione di vita” (Berne, 1964) così formato a farci protendere o meno verso il benessere psicologico. I principali approcci psicoterapici (psicoanalisi, cognitivismo, comportamentismo, gestalt, analisi transazionale), pur nelle loro diversità di approccio, sottolineano come il modo, conscio e inconscio, con cui valutiamo il mondo e noi stessi, costruendo le aspettative su cui basiamo i nostri affetti, i nostri pensieri ed i nostri comportamenti, è ciò da cui dipende la nostra salute mentale (Fonagy, Target, 2005; Gabbard, 2010).

La matrice relazionale della Personalità

L'evoluzione degli studi nell'ambito dell'Infant Research, della Psicopatologia evolutiva e della Psicoanalisi ha ampiamente confermato la primaria importanza delle esperienze relazionali, sia nell'infanzia (Westen, 1997) che nel corso della vita (Kagan, 1998), per lo sviluppo della personalità.
Con il termine personalità si intende l'organizzazione psichica sottostante agli specifici pattern individuali di percezione, affetto, sperimentazione, adattamento e stile relazionale (Ammaniti, 2001).
Fin dalla nascita, l'essere umano possiede capacità mnemoniche che gli consentono di crearsi aspettative degli eventi interattivi (Beebe, Stern, 1977; Stern, 1985; Watson, 1985; Beebe, Lachmann, 1988a). Organizziamo modelli d'interazione ricorrenti in base al tempo, allo spazio, agli affetti e ai livelli di attivazione (Beebe, Lachmann, 2002) vissuti all'interno delle nostre esperienze interattive. Questi modelli assumono un'influenza rilevante sullo sviluppo delle nostre competenze comunicative, regolative, interattive e, dunque, sull'organizzazione complessiva della nostra esperienza interiore e del nostro comportamento (Sroufe, 1995, 2005; Egeland et al., 2005; Schore, 2001a, 2001b).
La capacità di creare aspettative degli eventi interattivi (Beebe, Stern, 1977; Stern, 1985; Watson, 1985; Beebe, Lachmann, 1988a) consente di formarsi modelli interni di interazione che organizzano l'esperienza psichica soggettiva (Stern, 1985, 1995, 2002; Sander, 2007) e che guidano le relazioni future ( Beebe, Lachmann, 2002; Riva Crugnola, 2007).
Le relazioni che viviamo vengono organizzate mentalmente in mappe di significato. Credenze, valori, emozioni, aspettative sorgono dall'interiorizzazione delle nostre esperienze, o meglio da una “ricostruzione attiva” delle stesse (Main, 1985), formando il filtro attraverso cui osserviamo noi stessi e il mondo e la mappa mediante cui ci muoviamo in esso. Le informazioni che giungono dalle nostre esperienze vengono processate in parallelo, secondo dimensioni, consapevoli ed inconsapevoli/implicite, inerenti l'aspetto percettivo, senso-motorio, concettuale, temporale, emotivo e narrativo delle stesse (Stern, 2002). L'elaborazione di ciò che viviamo coinvolge aspetti temperamentali innati, le nostre esperienze apprese, il nostro filtro in divenire che fin dalla nascita abbiamo cominciato a costruire, sotto la forte influenza, oltre che dei nostri geni, delle nostre relazioni e delle nostre esperienze significative. Sono diversi i concetti utilizzati dai diversi approcci psicologici per indicare questo fenomeno. L'enfasi posta su certi aspetti piuttosto che su altri, pone delle differenze che, tuttavia, non distolgono l'attenzione da ciò che, convergentemente, sottolineano, sostenuti dall'evidenza di un'ampia letteratura scientifica. (RIG) Rappresentazioni delle Interazioni Generalizzate (Stern, 1995), (MOI) Modelli Operativi Interni (Bowlby, 1969), Copioni (Berne, 1964), Matrici di significato (Mitchell, 1988), Schemi Cognitivi (Riso et al., 2011), eccetera, sono costrutti che si riferiscono alle rappresentazioni cognitive-emotive plasmate dall'esperienza e organizzanti la nostra psiche.
Nella prima infanzia, prima che sorga il linguaggio e la capacità di simbolizzazione si formi, le rappresentazioni mentali saranno non verbali, riguarderanno la processualità dell'interazione, ossia il “fare e l'essere”, e i diversi aspetti dell'esperienza fenomenica, coordinati e integrati in rappresentazioni complesse. L'avvento del linguaggio aumenterà le complessità dei modelli interattivi che acquisiranno, contingentemente alla dimensione procedurale non verbale, una dimensione dichiarativa esplicita.
Ogni RIG non è isomorfa a nessun evento interattivo reale, ma è, piuttosto, la rappresentazione astratta della media di esperienze simili e delle aspettative basate su di esse. La ripetizione di eventi interattivi simili, infatti, porta l'individuo a formarsi un episodio generalizzato intermedio che viene rappresentato pre-simbolicamente e simbolicamente. Stern ipotizza l’esistenza di tante RIG quanti sono i tipi di relazioni sperimentate. Quando si sperimenta un certa gamma di sensazioni vengono attivate le RIG corrispondenti a quelle sensazioni (Stern, 1995, 2002).
Le RIG, caratterizzate da fluidità e dinamicità, si ampliano e integrano con le esperienze successive in schemi interattivi di complessità sempre maggiore. Infatti, nel ripetersi delle esperienze esterne gli elementi nuovi sono integrati in schemi sempre più complessi e generalizzati. Ogni sistema è in rapporto dinamico con gli altri e con questi cresce e si organizza in modo sempre più complesso, partendo dall'acquisizione di semplici schemi appresi, per passare poi a schemi sempre più elaborati, complessi e integrati nella continua relazione con l'esperienza vissuta (Stern, 2002).
Questa possibilità di cambiamento è legata alla natura “plastica” del cervello (Siegel, 2001; Mundo, 2009). Per tutta la vita le esperienze che vivremo avranno la possibilità di modificare non solo la funzionalità ma persino la struttura del nostro cervello (ibidem). Alla possibilità di cambiamento, tuttavia, si opporranno due ordini di fattori, legati entrambi al livello di rigidità dei modelli rappresentazionali. In primo luogo, l'organizzazione mentale acquisita porterà l'individuo a dare maggior risalto ad alcuni aspetti dell'esperienza e meno ad altri: la realtà, per quanto diversa, tenderà a essere interpretata sempre in modi simili, congrui ai propri script interni. In secondo luogo, i comportamenti attuati sotto la guida di determinate aspettative tenderanno a provocare negli altri risposte simili che confermeranno retroattivamente le aspettative stesse. Esemplificativamente, se ci si aspetta che il mondo ci sia ostile, si tenderà a comportarsi in maniere diffidente od ostile e tendenzialmente si otterrà per risposta l'allontanamento o l'ostilità altrui. Questo non potrà far altro che confermare l'aspettativa per cui il mondo ci è ostile. Più le nostre aspettative, consce e inconsce, sono rigide e meno aperte all'esplorazione dell'esperienza, vale a dire alla dialettica tra mondo intrapsichico e mondo interpersonale, più saremo schiavi del nostro copione.
Questa piccola e simpatica storiella, tratta da “Istruzioni per rendersi infelici” di Paul Watzlawick (1983), renderà meglio l'idea:

<<Un uomo vuole appendere un quadro. Ha il chiodo, ma non il martello.
Il vicino ne ha uno, così decide di andare da lui e di farselo prestare.
A questo punto gli sorge un dubbio: E se il mio vicino non me lo vuole prestare?
Già ieri mi ha salutato appena.
Forse aveva fretta, ma forse la fretta era soltanto un pretesto ed egli ce l'ha con me.
E perché?
Io non gli ho fatto nulla, è lui che si è messo in testa qualcosa.
Se qualcuno mi chiedesse un utensile, io glielo darei subito.
E perché lui no?
Come si può rifiutare al prossimo un così semplice piacere?
Gente così rovina l'esistenza agli altri.
E per giunta s'immagina che io abbia bisogno di lui solo perché possiede un martello.
Adesso basta!
E così si precipita di là, suona, il vicino apre, e, prima ancora che questo abbia il tempo di dirgli "buon giorno", gli grida:
"Si tenga pure il suo martello, villano!">>



Là dove le nostre aspettative ed i nostri modelli, divenuti rigidi, nel corso della nostra vita, eclissano i nostri bisogni e/o non ci permettono un soddisfacente adattamento con la realtà, ecco che la salute mentale viene meno.

L'intervento psicologico psicodinamico

L'intervento psicologico, dove necessario in sinergia con quello farmacologico, aiutando il soggetto ad acquisire una maggiore consapevolezza di sé, dei suoi schemi di significato e di comportamento problematici e delle sue risorse, a sperimentare modelli relazionali più efficaci, in un'ottica di valorizzazione delle proprie potenzialità, permette un ripristino delle proprie capacità di scelta, un aumento delle proprie possibilità di dare significato al mondo e, conseguentemente, una modifica di quei pattern patologici su cui si fonda la sofferenza psichica (Gabbard, 2005).
Il recupero della plasticità verso uno sviluppo creativo, verso la crescita della nostra unicità, verso l'apertura all'infinitezza incerta dell'universo.








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